Con il termine reversibilità si intende la pensione che viene riconosciuta ai familiari di un defunto già titolare al momento del decesso di una pensione.
L’importo della pensione di reversibilità è pari ad una quota della pensione che veniva percepita dal defunto in vita. Questa quota varia in base al grado di parentela del beneficiario che ottiene la reversibilità.
La quota “diretta” spetta al coniuge (anche divorziato) e, in particolari circostanze, anche ai figli del defunto, i genitori, i nipoti, le sorelle nubili ed i fratelli celibi. Nello specifico:
- il coniuge, anche nel caso in cui al momento della morte sia separato;
- i figli che al momento della morte del genitore risultino essere minorenni, inabili, studenti universitari e a carico dei genitori;
- i nipoti che al momento del decesso del familiare risultassero completamente a carico dei nonni.
Non perde il diritto il coniuge che lavora o ha propri redditi, ma in questo caso la prestazione viene ridotta in proporzione.
Nel caso, invece, in cui il defunto non era titolare di pensione ma possedeva i requisiti per il diritto alla pensione, la pensione viene definita “indiretta” e spetta al coniuge (anche divorziato) e, come poc’anzi scritto, in particolari circostanze ai figli, genitori, nipoti, sorelle nubili e fratelli celibi.
Il patronato Epas è a vostra disposizione per ricevere maggiori informazioni e per l’inoltro della domanda di pensione.