Gig economy, un neologismo che ormai è entrato a far parte del linguaggio comune e coniato qualche anno fa. Ma cosa si intende con questa espressione? È il nuovo caporalato digitale, l’economia dei lavoretti online, una nuova cornice che fa venir meno ogni garanzia di far rispettati i diritti dei lavoratori.

“Nell’era delle app e degli smartphone, il mercato del lavoro ormai è gestito online – dice Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato EPAS- si potrebbe definire un capitalismo delle piattaforme, un luogo virtuale, dove alcune aziende che utilizzano servizi web si avvalgono del lavoro digitale per abbattere i costi della manodopera, fornendo al cliente, sì, dei servizi immediati, ma a scapito di tanti lavoratori, che definirei fantasma”.

Nell’era della crisi occupazionale, di un precariato ormai sistemico, si va alla ricerca di qualsiasi lavoro che offra anche paghe irrisorie, forse inesistenti e per di più con scarse coperture previdenziali. Le aziende interessate sono appunto quelle che operano nel redditizio mercato delle economie digitali, dove i profitti sono assolutamente molto alti e vantaggiosi.

I settori sono vari: turismo, consegne, startup digitali, call center. Questi settori, da alcuni studi effettuati, si avvalgono di manodopera che va dai 30 anni in su nel 62% dei casi, dati che sicuramente non possono definirsi positivi; ciò implica un scelta di accontentarsi del primo lavoro che capita senza badare alle condizioni contrattuali proposte, che porta inevitabilmente ad addentrarsi in una realtà precaria e discontinua dal punto di vista lavorativo dal quale non è facile emanciparsi. È la generazione dei trentenni che con la crisi occupazionale ha difficoltà a trovare lavori adeguati e ben retribuiti e che tende ad accontentarsi, alla ricerca di una qualsiasi fonte di reddito.

Dal punto di vista contrattuale in questi settori, i lavoratori sembrano trovarsi in una zona di “mezzo” tra lavoro autonomo e subordinato, infatti a livello internazionale, la battaglia che si sta combattendo è quella di poter finalmente ottenere un proprio inquadramento giuridico.

“La gig economy è destinata a crescere inevitabilmente nei prossimi anni e non possiamo non pensare ad un sistema di protezione assicurativa e contributiva di queste categorie di lavoratori-dichiara il Presidente dell’EPAS, Denis Nesci-crediamo con convinzione che occorra approcciarsi alla nuova realtà digitale in modo lucido e costruttivo, analizzando anche quella che è la situazione globale per capire cosa sia giusto fare dal punto di vista legislativo- conclude il Presidente Nesci-al fine di avviare un processo di sostegno concreto a questi lavoratori, senza trascurare tutte le variabili possibili e cambiando se necessario anche le regole del gioco.”