Il 2022, con l’introduzione dell’assegno unico, ha segnato la fine del bonus bebè, ma al contrario per i cittadini stranieri di Paesi extra UE fino ad ora esclusi dal beneficio segna anche la possibilità di ottenere l’assegno mensile destinato alle famiglie per ogni figlio nato, adottato o in affido preadottivo.

Le buone notizie arrivano dall’INPS che mette in pratica quanto stabilito dalla Corte Costituzionale sul requisito del possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo: esito positivo in arrivo per le domande ancora in valutazione e riesame di quelle respinte.

Il bonus bebè è un assegno mensile destinato alle famiglie ed erogato per ogni figlio o figlia, anche in caso di adozione o affido preadottivo, ogni mese fino al compimento di un anno di età o nel primo anno di ingresso del bambino o della bambina.
Il suo valore è legato all’ISEE, ovvero alla condizione economica di chi lo richiede, e va da un minimo di 80 euro a un massimo di 192 euro per le famiglie meno abbienti e per i figli successivi al primo.

Il beneficio non è stato confermato per il 2022, anno in cui è entrato in vigore l’assegno unico che ha sostituito una serie di misure a sostegno della genitorialità.
I pagamenti vengono erogati solo per concludere il periodo coperto dall’agevolazione: ad esempio, se un bambino è nato ad ottobre, i beneficiari ricevono le somme a cui hanno diritto fino a ottobre 2022.

Oltre ai genitori che hanno cominciato a riceve l’assegno di natalità nel 2021 è anche il caso dei cittadini extra UE inizialmente esclusi dalla possibilità di ottenere i pagamenti perché non in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo.

La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali le norme che hanno istituito e prorogato il bonus bebè nella parte in cui hanno previsto per i cittadini di Paesi terzi non comunitari la necessità di essere titolari del permesso per soggiornanti UE di lungo periodo.

In base a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, hanno diritto al bonus bebè anche i seguenti cittadini extra UE:

  • familiari titolari di carte di soggiorno;
  • gli stranieri titolari di permesso unico di lavoro autorizzati a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi;
  • gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi.

L’INPS chiarisce come si traduce nella pratica questa novità:

  • le domande di assegno di natalità presentate dai titolari dei predetti titoli di soggiorno e permessi di lavoro e/o di ricerca, attualmente in fase di valutazione devono essere accolte, in presenza degli altri requisiti richiesti:
    • residenza in Italia;
    • convivenza con il figlio (figlio e genitore richiedente devono essere coabitanti e avere dimora abituale nello stesso comune);
  • è possibile procedere al riesame delle domande respinte per la mancanza del requisito del possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo.